Non bastavano le improvvise allerta meteo, i cicloni, gli Tsunami, adesso le donne devono stare attente e sopportare pure “le Tempeste Emotive”, quelle di certi uomini delusi.
Beh! Sicuramente la sentenza pur in mezzo a tutta questa confusione di voci che si rincorrono, dice ben altro, richiamando, per molti più che tale Tempesta Emotiva , la mai dismessa nonché famigerata “Seminfermità Mentale Temporanea soverchiante”, per altri invece si tratta di errore dei giudici che hanno confuso tutto e usato come attenuanti generiche quelle che dovevano essere le aggravanti.
Comunque una cosa è certa, se si voleva il remake del film la Tempesta perfetta, con in più “Emotiva, mediatica e di massa”, bisogna dire che con questa famosa sentenza i giudici ci sono riusciti perfettamente.
Se è vero che una sentenza non deve essere frutto di valutazioni di carattere emotivo, pulsioni, tendenze popolari o contingenze, resta il fatto che bisognerebbe comunque essere prudenti e ancora più attenti nella scelta delle locuzioni, quando si tratta di usare messaggi ed espressioni che dovranno poi spiegare i motivi di quanto scelto, soprattutto quando si tratta di un tema così delicato e ancor oggi fortemente in debito di giustizia e soprattutto giustezza culturale nei confronti della civiltà e delle donne.
Mi piacerebbe dire che il caso di questa sentenza sia solo quello di un dente avvelenato, di una parte che possano essere gli imputati o dall’altra che possano essere le vittime, ma non credo sia così.
Il costante ripetersi di femminicidi, abusi sessuali e violenza sulle donne, denunciano soprattutto l’evidente mancanza di un sostrato culturale civilizzato, attuato, educato, dunque organizzato e strutturato, dove lo Stato italiano risulta assente o presente malamente, ma non solo con il suo ordinamento giuridico, ma sanitario, sociale. Lo stato italiano è totalmente deficitario e impreparato nell’ affrontare soprattutto culturalmente e socialmente al meglio quello che è sotto gli occhi di tutti, il quotidiano bollettino di donne uccise.
Viviamo in un clima da guerriglia, stupri, vivisezioni di cadaveri, sparizioni, deturpazioni con acido, o viadotti per il suicidio a causa di condanne mediatiche dal sapore medioevale, valide però solo contro le donne con la colpa tutta al femminile per aver girato dei video erotici.
Ma non si può pensare di correre in aiuto di qualcuno, quando il pericolo usa noi come mezzo e veicolo per riprodursi, diffondersi, per colpire, usa la nostra scarsa capacità di interpretazione culturale dei diversi fenomeni, di certi impulsi, cosa che poi non coltiva diritti ma genera assassini.
Certi reati e comportamenti infatti riguardano un problema più grande della sola repressione del singolo colpevole di turno, o della condanna che questi avrà, riguardano vite spezzate e famiglie distrutte, che creeranno vuoti, vortici ed echi sul futuro dei discendenti delle stesse vittime, dei colpevoli e di chi gli sta attorno.
Il senso del valore, del rispetto, il sociale, vanno creati e coltivati, prima ancora che curati quando ormai malati come singolo assassino.
Bisogna operare immediatamente nelle scuole, nei quartieri, nei centri sportivi, creando equipe di specialisti, inserendo non un’ora di educazione civica, ma materie propedeutiche che trattino in maniera profonda interi programmi dedicati ai diritti civili.
Così si combatterà dall’interno endemicamente il sessismo, il razzismo, la xenofobia, la pedofilia, che stanno aumentando in maniera esponenziale, dando alternative agli errori, reinterpretando caso per caso, epoca per epoca l’evoluzione del diritto attraverso chiari indirizzi e spiegazioni, utili a tutti e soprattutto alle giovani generazioni.
I problemi quotidiani della nostra società sono anche e molto frutto di una cultura sparita nelle strutture preposte, e sostituita e affidata a coltura di inesattezze, nozionismo o distorsionismo su You tube, reality, il Web o allucinanti trasmissioni tv.
Le trattazioni concernenti invece i temi sociali sono troppo importanti e andrebbero studiate profondamente nelle loro origine, nelle cause che le hanno generate, e non attivate solo quando chiamati dall’opinione pubblica a dare il giudizio di colpevolezza o meno, scatenando solo violenti impulsi emotivi, o se vogliamo “tempeste emotive” odio o emulazione, senza alcuna comprensione diretta a prevenire, evitare, certi fenomeni.
Concludendo e tornando alla sentenza, questa società già più che confusa dove non è più chiara la distinzione tra colpevole e innocente, tra santa e peccatrice, tra un razzista e chi lo sembra o lo è diventato perché incavolato e disperato, o la differenza tra legittima difesa e sparare è legittimo, non ha certo bisogno di certe infelici espressioni usate per motivare una sentenza.
Dunque invito l’organo della giustizia a rivedere prima di tutto se stesso, cominciando a disciplinare visto la grande responsabilità che ha, le proprie espressioni, evitando così infelici locuzioni come “Tempesta Emotiva”, che se probabilmente nell’aver ridotto tecnicamente la pena all’assassino in questo caso, e forse e dico forse non sarà esempio di ingiustizia, sicuramente però è un pessimo esempio di giustezza.
E con questa riflessione vi saluto.
I Minuti d’audio Riproducono la riflessione dell’articolo a voce alta, perché abbiano accesso all’ascolto i ciechi, chi lavorando non ha tempo o chi preferisce ascoltare, e quelli tra noi che pur avendo la vista sono diventati i veri Non Vedenti.
Buon ascolto o buona lettura come preferite.
Leave A Reply