Mi capita ogni giorno di sentire oltre ciò che vedo, di comprendere oltre ciò che capisco, e di soffrire per coloro i quali vengono distrutti dagli altri a causa dei loro comportamenti, liti, scontri violenti, distruzione.
Comprendere non è dover giustificare, come comprendere però non è solo capire.
Ho visto troppe volte anime sfinite a tal punto dai propri errori, dalle proprie sofferenze o dall’esplosione di tutte le loro certezze con i brandelli delle loro vite addosso così da non avere più la forza neanche di combattere o di farsi male. Ne ho viste e ne vedo tutti i giorni inventare nuovi modi per nascondersi, per punirsi, non perdonarsi, condannarsi autodistruggendosi. Bene!
E’ ora per loro di fermarsi in una corsa che ha avuto partenza ma non ha arrivo.
E per noi è ora di fermarci a riflettere veramente ed aiutare. No! Non riflettere solo con la testa, ma riflettere è essere riflesso di comprensione, attenzione, per donare (perdonare) dei fiori comportamentali.
Chi di noi non ha conosciuto almeno una volta il peso della sua testa tra le mani nello sconforto, nell’incomprensione!?
Chi di noi non è diventato almeno per una volta i propri Occhi?! Sì, chi di noi non è stato così stanco ed avvilito da affidare il proprio rancore, il proprio dolore, le proprie incomprensioni ai propri occhi che pieni come il pancione di una mamma a pochi giorni dal parto, raccontano senza dover parlare, che dentro c’è qualcosa d’altro che vive e cresce, spesso l’autodistruzione di chi soffre e non sa più come comunicarlo, come condividerlo.
Ma come ogni gravidanza con un bambino anche quella di un dolore prima o poi finisce e deve venire fuori.
Quanti non hanno più neanche la forza di parlare, così da vivere il quotidiano sconsolati in un silenzio che come un gigante ci fa male sollevandoci dal terreno della gioia, afferrando sadicamente la nostra gola un tanto per non farci soffocare e fin tanto per non farci respirare e parlare bene.
E quante volte il giorno rispondiamo a frasi come:
“Che hai oggi, mi sembri strano?” con un “Niente sto bene”. Un tutto normale fuori ma che precipita dentro la gola del nostro soffrire in una caduta testa in giù a cui si è abituati ma di cui non se ne può più.
Il Bungee jumping è divertente una volta o due poi è nausante. E’ ora di arrestarlo dunque!
E’ ora di mettere le mani ed i piedi sulle pareti della gola soffrire e fermare questo precipitare, è ora di risalire, di riemergere. E’ ora di sorridere anche nello sconforto, è ora di aprire la diga di lacrime che blocca i nostri occhi da troppo tempo e riversarle tutte, è ora di svuotare il contenitore e lasciar scorrere il nostro sentire per liberare e liberarsi. Non occorre più trattenere o far finta, noi siamo quel che siamo, così perfetti proprio con tutto ciò che siamo, altrimenti saremmo qualcun altro.
Io l’ho fatto ed è per questo che vi invito a cambiare sentire, visione, percezione.
Vi ricordate quando eravate bambini quanta innocenza, quante domande, quante scoperte.
Dove siete finiti adesso?!
Tutto era un eco, la scoperta del corpo, l’emozione di un bacio, l’emozione per qualcuno che ci guardava con la luce negli occhi facendoci sentire importanti, e poi i cenni d’intesa che scoppiavano in un sorriso, e che dire dell’imbarazzo e del silenzio del primo vero piacere poco condiviso durante l’emozione del momento e magari rigirato il giorno dopo 10000 volte nel cinema della propria testa a casa mentre a tavola i genitori parlavano di altro. No! Non erano solo altri tempi, eravate voi sentivate tutto ciò che sapevate invece di ostinarvi nel voler controllare tutto ciò che sentite.
Tornate a parlare ma non solo con voi stessi, tornate sulla terra, accettatevi belli perché fottutamente mortali, tornate a condividere e raccontate senza paure quello che succede, liberatevi.
Tornate Occhi ancora per un momento e scorrete via.
Se avete un amico o anche una bella luce davanti a scuola o su un bus o alla cassa di un supermercato non abbiate paura, sorridete, respirate, e via, aprite la diga che diventi una cascata e con tranquillità raccontate:
Che periodo! Ma ora lo supererò!
Non crediate che siano diversi da voi, nessuno è diverso da nessuno perché tutti siamo fatti e predisposti alle emozioni. E quando vi diranno:
Come scusi?! o ma che hai oggi? Voi risponderete fuori con un pieno sorriso, e dentro di voi con:
Quello che tu avevi 10 anni fa, solo ieri o domani anima mia perché siamo tutti uguali e nessuno è migliore, peggiore o esente. Tutti siamo stati ridicoli, paurosi, coraggiosi, sciocchi o saggi.
Il dolore è come il biglietto del turno alla posta, confusione, spazi ristretti, cattivo odore, stanchezza, ma prima o poi tocca a tutti se si vuole andare avanti ed uscire via da lì.
E dunque quando vi diranno cosa? Voi direte nulla, dicevo che sono felice perché sto tornando a respirare, sto riemergendo arrampicandomi con le mani dal camino del mio soffrire dove sono finito tante decisioni fa, sto tornando verso il me che sentiva tutto come un eco stupendo, sto tornando alla luce e a respirare.
Sto cercando nello sbucare con la testa fuori dal camino a destra e a sinistra il sole con il suo calore, l’orizzonte del mio vivere ed il suo colore.
E non temete perché anche se faranno una faccia strana, o qualunque cosa diranno anche loro dentro dietro le loro parole e la diga dei loro occhi avranno qualcosa da trattenere e sapranno di cosa parlate, anche se non a cosa vi riferite, perché tutti noi abbiamo una gola oscura dove soffrire, riflettere e gioire.
Non crediate di essere soli o unici! Non vi fermate alle apparenze !
Un addio non è sempre la fine di un amore ma forse la sua salvezza, come uno schiaffo fa sempre male ma non serve solo a distruggere, come chi per rabbia si fa picchiare,
spesso come voi ha solo lacrime da vomitare e non è stupido ma solo stanco di soffrire a tal punto da preferire farsi picchiare pur di dividere il dolore con qualcuno e sta cercando aiuto.
Cercate le vibrazioni, lasciatevi andare, andate in una montagna o dinanzi al mare e urlate a squarcia gola fino a sfinirvi in ginocchio se necessario, vedrete che vi sfogherete e tornerete a godere della vita.
Gustate il sorriso di vostra figlia, ballate per strada anche se derisi, fate l’amore e siate leggeri, strani, semplici o complessi, poco importerà se alla fine del camino che avete risalito mani e piedi,
venendo fuori nel sentire il calore del sole, troverete voi stessi ad aspettarvi.
Riflessione nell’illustrazione di Claudio Arezzo Di Trifiletti e Mia mentre parlavamo dell’orizzonte
Illustrazione in evidenza di Marzia Falsaperna
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